DANCING BLIND

DANCING BLIND - Ballare alla cieca, senza sapere che passi fare. Senza sapere dove andare. Come muoversi.

Tre differenti rappresentazioni dell’esistenza. Una sala bianca, una sala liberty con una festa e una realtà distopica deturpata e decadente dove gli uomini non sono più uomini. Ma creature aberranti e incazzate. Si rappresenta una frattura dell’anima, una distruzione interiore, in cui gli esseri umani hanno perso la loro vera essenza, i loro valori e le emozioni sono controllate e contaminate da qualcosa di artificioso. Un mondo così dove si perde il senso delle cose e il vento soffia inesorabile facendoti mutare direzione rispetto a quanto avevi sognato nella tua vita. Una nostalgia del tempo che fu. Della bellezza, dell’eleganza, della giovinezza. Una voglia di tornare ad un passato in cui si comunicava, si stava fisicamente insieme. Si assaporavano odori, parole, risate. Ma la nuova era è cominciata e il rifugio è una prigione personale, fatta di sogni e visioni che protegge dalla realtà asettica e violenta. Il bianco è solitudine, qualcosa di indefinito e indeterminato. Nel bianco le forme perdono senso. Se ti addentri in esso ti acceca, fagocita e asfissia. Non c’è più la voglia di capire e lottare, ma quella di lasciarsi vivere tuffandosi in un mondo accecante in cui l’artista comunica e venera il Serpente. Simbolo di indipendenza, inespressività e asocialità.

Mi concede un ballo, Signore?”. Una richiesta di aiuto, di una mano che non faccia cadere nel baratro della depressione , che non lasci andare alla deriva, che sia forte e sorregga. Non voglio più mondo in cui ciascuno è Dio di se stesso. Un rifugiarsi nel proprio bianco, senza riferimenti in cui ciascuno di noi danza da solo, alla cieca.

Foto di Daniele Marchetti e Mirko De Stefano

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